Capita di rado che i luoghi di un film rappresentino non il semplice sfondo in cui muovono i personaggi ma ne siano parte integrante al punto da condizionarne le vicende. È il caso, ad esempio, dei suggestivi scenari della Valle d’Aosta che accompagnano la storia della amicizia lunga una vita tra Pietro e Bruno, i due protagonisti di Le otto montagne. Pietro è un ragazzo di città, Bruno è l’ultimo bambino di uno sperduto villaggio di montagna. Negli anni, Bruno (Alessandro Borghi) rimane fedele alle sue montagne, mentre Pietro (Luca Marinelli) è quello che va e viene.
“Abbiamo iniziato lo scouting delle location a luglio 2020, un anno prima dell’inizio delle riprese. Per dare varie opzioni a Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch abbiamo girato tutta la valle e presentato un vasto elenco di location – ha raccontato il location manager delle riprese valdostane Giorgio Vigna – ma i due registi hanno voluto restare fedeli ai luoghi che hanno ispirato Paolo Cognetti e la loro scelta è ricaduta sulla Val d’Ayas”.
Cognetti, autore dell’omonimo romanzo da cui è tratto il film, aveva infatti già mostrato ai registi i luoghi che lo avevano ispirato e la coppia aveva cercato di coglierne appieno l’essenza sostando qui per qualche mese. Lo stesso avevano fatto gli attori protagonisti, che per entrare nella parte hanno imparato varie attività da “montanari” come ad esempio mungere le mucche. Dunque è il villaggio di montagna di Graines (o Grana, come Cognetti lo chiama nel suo libro), che ha ospitato le riprese del film: “Un luogo con pochi abitanti, le cui abitazioni, in parte ristrutturate, vengono affittate ai turisti estivi in cerca di tranquillità e passeggiate”. Esattamente come fanno ogni anno i genitori di Pietro, la cui casetta nel film è in realtà il piccolo museo del paese, che conserva tra i suoi spazi la latteria e la vecchia scuola. L’edificio appartiene alla Consorteria, una forma di proprietà comunitaria tradizionale diffusa in tutte le Alpi, soprattutto in Valle d’Aosta. Giorgio Vigna ne racconta la storia: “fino alla fine degli anni Sessanta ospitava una scuola elementare. La Consorteria ha trovato al suo interno molti oggetti, la stanza dove viveva la maestra, l’ambiente al piano superiore dove viveva il fotografo del paese, ha ripulito gli ambienti e messo gli oggetti in esposizione, trasformandolo in un piccolo museo che si apre d’estate in occasione di alcuni eventi. Pochi mesi prima di iniziare le riprese erano iniziati i lavori di ristrutturazione e ampliamento grazie a fondi europei. Così in cambio dell’uso degli spazi la produzione ha a sua volta realizzato interventi di consolidamento e di restauro”.
Quelli al museo di Graines non sono stati gli unici lavori che la produzione ha fatto eseguire. Per la Barma Drola, che nella finzione è l’edificio che Pietro eredita da suo padre e che ricostruisce con l’aiuto di Bruno, è stato scelto un vecchio alpeggio privato diroccato in località Merendioux. “Si trovava in un luogo molto suggestivo ed era diviso in due edifici diversi. La produzione si è impegnata a ristrutturarne una parte, utilizzando artigiani locali, lasciando l’altra in rovina per filmare le parti iniziali della ricostruzione. Gli edifici storici in altitudine – ha spiegato Vigna – sono tutelati dai beni culturali e dunque le ristrutturazioni devono rispettare alcuni vincoli. Quando questo luogo fu scelto come set, le riprese erano in procinto di iniziare, così la produzione ne accelerò la ricostruzione con l’aiuto della film commission, nel rispetto da un lato dei termini di legge dall’altro delle esigenze produttive”.
Uno dei primi posti in cui Cognetti condusse Felix e Charlotte, nel 2019, è il lago di Frudieres distante da Graines più di 2 ore a piedi. In una valle ricchissima di laghi, i due registi decisero che quello sarebbe stato il lago Grenon, che tanta importanza ha nello svolgersi della trama. Alcuni dei momenti più belli della gita al ghiacciaio sono stati invece girati al Pian di Verra di Champoluc, di fronte al monte Rosa. La scena racconta un episodio significativo dell’infanzia di Pietro ed è l’occasione per ricordare le difficoltà che si incorrono quando si insediano set ad alta quota: “Girare in montagna ha richiesto un grosso sforzo per la messa in sicurezza, l’aiuto delle guide alpine e l’impiego di mezzi 4x4, in alcuni casi anche dell’elicottero, per il trasporto di materiali e troupe. Insomma dal punto di vista logistico, girare questo film è stata una gran bella sfida”. Uno sforzo che non è passato inosservato a Cannes, dove il film ha ricevuto il premio della giuria.
(Monica Sardelli)