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Internazionalizzazione tra i punti di forza del cinema italiano – I risultati della ricerca Anica

12-10-2022 Reading time: 8 minutes

Nel corso del MIA, Anica l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali ha presentato la propria ricerca I Film italiani sui mercati esteri a cura di eMedia.

Al panel, moderato da Francesca Medolago Albani, hanno preso parte oltre a Emilio Pucci (direttore eMedia), che ha presentato i principali risultati dello studio, e Francesco Rutelli (presidente Anica) per i saluti iniziali, il Direttore generale Cinema e audiovisivo - MiC Nicola Borrelli, Carlotta Calori, co-fondatrice e produttrice Indigo Film, Micaela Fusco, responsabile affari internazionali Intramovies s.r.l., Cristian Jezdic, CEO beQ entertainment, e Andrea Occhipinti, CEO Lucky Red.

La ricerca mostra che la circolazione estera dei film italiani per le sale, per la tv, per i servizi on demand è raddoppiata fra il 2017 e il 2021: contava fra i 43 e i 52 titoli nel 2017, nel 2021 ne conta fra i 96 e i 118. Si stima che circa il 49% del totale dei film prodotti nel 2021 ha superato i confini nazionali nelle varie forme che il mercato oggi offre.

Le coproduzioni dei film italiani fra il 2017 e il 2020 hanno attratto quasi 100 milioni di euro, più del doppio dei 4 anni precedenti. Le coproduzioni nel periodo considerato sono state fra 218 e 233, soprattutto con Francia e Germania, 19 riguardano paesi extraeuropei.

Fra i punti di forza identificati dalla ricerca c’è la internazionalizzazione della industry italiana e del mercato nazionale, con maggiore capacità nello sviluppare prodotti adatti alla circolazione estera, grazie anche alla nascita di nuove società di distribuzione con cataloghi multinazionali e soprattutto agli specifici strumenti di sostegno del Ministero della Cultura, coerenti con gli obiettivi della legge. Fondamentali il film distribution fund per i distributori non nazionali di opere italiane e il fondo per le coproduzioni minoritarie, che si aggiungono agli incentivi fiscali e ai contributi automatici. Fra le debolezze, malgrado la crescita delle coproduzioni si rileva una ridotta disponibilità di capitali di rischio, in particolare nell’animazione.

“Oggi – ha detto Francesca Medolago Albani, Segretaria generale ANICA – abbiamo presentato un estratto del primo rapporto di ricerca: è un lavoro mai fatto prima e sul quale la collaborazione di operatori e istituzioni è fondamentale. I primi risultati ci danno fiducia nel metodo e ci fanno capire che c’è ancora molto da scoprire per poter raccontare il percorso fatto in questi anni dall’industria italiana. Il lavoro è lungo e complesso, lo porteremo avanti con passione”.

Carlotta Calori, ricorda come solo 7-8 anni fa l’Italia non fosse la prima scelta tra i partner internazionali. Negli ultimi anni la situazione è cambiata drasticamente, e l’interesse verso il prodotto italiano è cresciuto non solo dal punto di vista degli investimenti. Oltre ad essere un paese molto attraente, l’Italia può infatti offrire un livello altissimo delle crew e una nuova generazione di giovani autori che stanno lavorando tantissimo con l’estero. In più riusciamo a competere fortemente sul mercato anche grazie a nuovi strumenti come il fondo per le coproduzioni minoritarie, i fondi regionali, il tax credit. Si evidenzia una criticità nella vendita dei diritti: le piattaforme spesso chiedono diritti world quando acquistano i prodotti ed è difficile trovare distributori, così come vendere diritti free per le coproduzioni minoritarie.

Micaela Fusco in rappresentanza dei sales evidenzia come tra film circuitati e venduti all’estero e coproduzioni il 50% del nostro cinema sia uscito fuori dai confini nazionali. Sebbene la pandemia abbia impattato molto sulle vendite perché nel 2021 i distributori stranieri avevano listini estremamente affollati, in 5 anni la crescita è evidente. Merito sicuramente dell’ottimo lavoro svolto, ma anche degli aiuti per i distributori stranieri, come il film distribution fund. L’esplosione delle piattaforme ha poi fatto crescere esponenzialmente l’offerta sia di cinematografia nuova che soprattutto di library (rispetto alle library, che possono comprendere film degli anni passati, l’interesse primario per le produzioni recenti è garantire l’uscita in sala). Tra gli aiuti messi in campo, sono molto importanti i contributi automatici, che potranno trasformarsi in minimi garantiti ai produttori e permetteranno di riportare in Italia alcuni film che in questo momento sono gestiti da sales stranieri.

Cristian Jezdic descrive il momento difficile dell’animazione italiana, che rispetto agli altri generi ha subito un peggioramento negli ultimi anni soprattutto nella categoria dei lungometraggi. Per spiegare meglio la crisi ricorda che negli ultimi 5 anni sono stati prodotti solo 8 film e questo avviene perché manca un reale committente: l’unico vero investitore di animazione in Italia, Rai Kids, è interessato principalmente alla serialità. Nonostante i film d’animazione portino in sala tutta la famiglia, siano tra i prodotti più internazionali, formino i ragazzi a frequentare le sale, in Italia pochissime società producono attivamente lungometraggi di animazione, mentre in Francia sono 163 (erano 68 nel 2004). Nel 2022 il mercato globale dell’animazione (compresa serialità e lungometraggi) vale 391 miliardi di dollari, il 5% in più rispetto all’anno precedente. Con questo trend si supereranno i 590 miliardi di dollari entro il 2030.

Andrea Occhipinti fa il punto sullo stato della circolazione internazionale: l’aumento delle esportazioni, l’arrivo delle piattaforme hanno reso i film italiani visibili in mercati e territori dove normalmente non si esportava creando interesse per ciò che proviene dal nostro paese. Questo significa che è aumentata la capacità di vendita delle società italiane, sebbene permangono alcune criticità: oltre al problema dell’animazione, pesa l’anomalia per cui i film italiani più appetibili (Sorrentino, Tornatore etc.) vengono tutti venduti da società straniere e contribuiscono al loro rafforzamento.

Nicola Borrelli spiega come i conteggi della DGCA siano completamente diversi da quella della ricerca, poiché si basano sulle domande di credito di imposta presentate, che magari diventeranno opere solo in futuro, e non su opere già realizzate. Viene quindi fuori che ben 217 progetti di opere in coproduzione internazionale hanno fatto richiesta di contributo nel 2021. Nel 2019 sono state presentate 49 domande per un volume di investimenti di 43 milioni; nel 2021 si è arrivati 225 domande (ciascuna opera può fare più domande), per un investimento di 380 milioni, vale a dire quasi 10 volte la cifra di soli due anni prima. Questo significa che la strategia messa in campo dal Ministero sta funzionando ma prima di esultare è d’obbligo farsi delle domande: quanto di questo successo è dovuto all’esplosione del mercato a livello internazionale e quanto è dipeso dal nuovo modo di operare degli operatori italiani? L’internazionalizzazione era una delle priorità della legge cinema e i numeri confermano la giusta direzione intrapresa. Restano da risolvere le criticità: la difficile situazione dell’animazione con la consapevolezza che il problema non riguarda solo gli incentivi, ma vanno fatti ragionamenti di altro tipo (il riferimento è agli obblighi di investimento e programmazione), così come la sofferenza delle sale. Tutti gli schemi, nati nel 2018-19, vanno comunque adeguati, va tenuto sotto controllo il tema della “bulimia produttiva”, va fatto un ulteriore sforzo di monitoraggio e vanno messe a punto altre leve di intervento, ma complessivamente le misure stanno funzionando, specie nell’internazionalizzazione.

(Monica Sardelli)

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