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Come si scelgono i luoghi di un film? Lo racconta Diego Morina location manager di ‘C’è ancora domani’

06-12-2023 Monica Sardelli Reading time: 11 minutes

Capita a volte che un film diventi talmente popolare che i luoghi in cui è stato girato si trasformino in oggetto di visite spontanee o organizzate attraverso tour. Non sempre e non necessariamente questi luoghi devono essere belli o blasonati, basta che suscitino emozioni, possibilmente le stesse che si sono provate nel guardare una determinata scena o l’intero film.

È il caso di C’è ancora domani, l’opera prima di Paola Cortellesi che dopo 6 settimane di programmazione continua a macinare record: ha superato i 27 milioni di euro al botteghino, è destinato a diventare uno dei film italiani con il maggiore incasso di sempre ed è stato richiesto per la distribuzione in 18 paesi esteri. Il film è stato girato principalmente al Testaccio, quartiere popolare di Roma, tra strade anonime e in una palazzina divenuta, suo malgrado, piuttosto famosa (qui tutte le location del film della Cortellesi).

A seguire l’iter per la scelta e l’utilizzazione dei luoghi delle riprese il location manager Diego Morina, che, a partire proprio dal successo di C’è ancora domani, ha raccontato ad Italy for Movies il proprio lavoro iniziato quasi per caso.

Puntualità, rispetto dell’orario, educazione, disponibilità

Toni Servillo, Valentino Picone, Salvo Ficarra in un scena de La stranezza di Roberto Andò (2022)

Nella sua lunga carriera, Morina ha lavorato, tra gli altri, con Ferzan Özpetek, i fratelli Taviani (Cesare deve morire, girato a Rebibbia), con Riccardo Milani, che ha diretto a Roma la Cortellesi e Antonio Albanese in Come un gatto in tangenziale (qui le location), ne La stranezza di Roberto Andò, grande successo della scorsa stagione, girato a Erice in altri luoghi della Sicilia (tutte le location). Ma come è iniziato questo lavoro?

Nel 1984 ero il runner nella miniserie Cuore di Luigi Comencini: prelevavo il regista e lo portavo sul set, poi seguivo le riprese e facevo quello che c’era da fare. Sempre con Comencini ho lavorato a La storia (1986) e piano piano, acquisendo conoscenze, mi ci son trovato dentro. Avevo le caratteristiche giuste per stare sul set, ovvero puntualità, rispetto dell’orario, educazione, disponibilità.
Per circa 15 anni ho lavorato solo nella pubblicità con Filmmaster e altre case di produzione importanti. Il lavoro mi piaceva, era ben pagato rispetto al cinema e mi permetteva di avere più tempo libero. Per le pubblicità seguivo tutto il progetto, dalla ricerca delle location, alla troupe, fino alle paghe
.

La svolta arriva con Özpetek, che nel 2007 lo chiama per seguire la ricerca delle location di Un giorno perfetto, la storia di un poliziotto che uccide i figli, con Valerio Mastandrea e Isabella Ferrari.

Questo nuovo lavoro mi piacque molto. La ricerca delle location mi permette di esprimere un lato artistico nel proporre gli ambienti semplicemente leggendo la sceneggiatura: praticamente mi immagino i posti già dalla lettura, vado alla ricerca degli ambienti e spesso riesco ad individuare esattamente ciò che vogliono regista e scenografo. Il location manager opera a stretto contatto con lo scenografo. Il lavoro si svolge attraverso la lettura della sceneggiatura, lo spoglio degli ambienti e le proposte per ciascun ambiente. Nella ricerca dei luoghi si considerano diversi fattori, tra cui la logistica: bisogna scegliere posti comodi da raggiungere con i mezzi, con ampi spazi per poterci girare, che abbiano caratteristiche tali da permettere a tutti i reparti di lavorare in maniera agevole e veloce, anche perché spesso in un giorno è necessario spostarsi per coprire più ambienti. Tra le tante cose che un location manager deve valutare c’è il rispetto del budget stabilito. Ma non finisce qui: una volta sul set il location manager si occupa anche della logistica assieme al capo trasporti, del posizionamento dei mezzi artistici e dei mezzi tecnici etc. È, Insomma, il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via.

Il location manager opera a stretto contatto con lo scenografo

La ricerca dei luoghi non è una banalità, richiede una forte familiarità con il territorio, oppure buone conoscenze sul territorio e la capacità di capire esattamente cosa si vuole dalla lettura di una sceneggiatura.

È lo scenografo a dare le direttive – spiega Morina. – Alcuni di loro hanno un’idea precisa dei luoghi che vogliono e ti mandano a vedere posti che già conoscono. In questo caso il compito del location manager è raggiungere il luogo, fotografarlo, prendere contatti e contrattualizzare prima di andarci a girare. Altri scenografi lasciano a te il compito di fare proposte, a cui segue una prima selezione da parte loro da sottoporre al regista. Individuati i potenziali luoghi delle riprese è il momento di un primo sopralluogo solitamente con regista e scenografo. Ne seguono poi altri, più tecnici, con direttore della fotografia, macchinista e elettricista, a volte con il fonico per risolvere eventuali problemi di sonoro.
Decisi i posti e fatti i vari sopralluoghi si passa alla contrattualizzazione e all’iter per ottenere i permessi comunali per poterci girare. Un aspetto molto importante da considerare soprattutto quando si lavora in esterno sono le condizioni meteo, per cui è necessario un cover set, ovvero un ambiente in cui entrare in caso di maltempo che deve essere sempre pronto anche con i permessi. Il piano B è necessario per non perdere neanche un giorno di riprese ed evitare grosse perdite economiche.

Hai mai ricevuto richieste particolari?

Una volta, a Firenze, mi è stato chiesto di girare in una famosa torre da cui far precipitare un tizio. È stata una gran fatica far capire ai registi che non era possibile accedere a quella torre perché una gabbia d’acciaio di sicurezza ne impediva l'utilizzo.
Mi è capitato anche che mi si chiedesse di piazzare dei proiettori in case private di notte. Pretese che sembrano apparentemente semplici e a cui non ti puoi sottrarre: richiedono che si entri in casa della gente, a volte senza alcun preavviso. Alcune persone son disponibili, ovviamente dietro compenso, ma non tutte la prendono bene.
I condomini poi sono i luoghi più difficili da ottenere!

Il condominio di via Bodoni, Testaccio e le altre location di 'C'è ancora domani'

Francesco Centorame e Romana Maggiora Vergano nel cortile del condominio via Bodoni al Testaccio (Roma)

A proposito di condomini, in C’è ancora domani, la famiglia di Delia vive in un misero appartamento seminterrato i cui ambienti sono stati ricostruiti in teatro di posa a Cinecittà dalla scenografa Paola Comencini. Gli esterni invece sono reali e sono parte di un complesso che si trova al Testaccio in via Bodoni, a pochi passi dalla sponda sinistra del Tevere. Attraversando un cancelletto si trova il cortile su cui affacciano le finestre dell’appartamento seminterrato che Delia apre tutte le mattine. Come avete convinto i residenti a collaborare?

Convincere gli abitanti del condominio è stata dura. Nel condominio di via Bodoni abitano oltre 100 famiglie. C’è stata all’inizio molta ostilità, anche perché abbiamo tolto i parcheggi e creato disagio. In questo caso mi sono state molto utili le conoscenze personali (un parente molto conosciuto che abitava proprio qui) e una grande capacità di trattazione: venendo io stesso da un quartiere popolare, sapevo come parlare alla gente. Ovviamente i condomini hanno ricevuto un compenso. Ci hanno fatto penare tantissimo, ma alla fine sono stati tutti contenti. Nessuno si aspettava una simile risonanza.

Uscendo fuori da quel cancelletto, via Bodoni si riempie di un’umanità varia che cerca di sopravvivere come può ai duri anni dell’immediato dopoguerra di cui è parte anche Delia. Ma c’è anche la spinta positiva della liberazione: nelle scene del mercato, ad esempio, viene fuori tutta la vitalità del Testaccio. Come è stato scelto il quartiere?

Siamo andarti a vedere altri quartieri, anche fuori Roma abbiamo cercato paesi che potevano sembrare aree popolari ma non hanno convinto nessuno, né la scenografa né la regista – prosegue Morina. – La Cortellesi aveva già deciso per Testaccio, per cui quando è partito il progetto il mio compito è stato convincere i referenti a prestare al film i posti che loro volevano. Ad esempio, ho dovuto fare una serie di ricerche per risalire ai proprietari di tre serrande chiuse in via Antonio Cecchi. Scoprendo che si trattava di una famiglia proprietaria di una famosa gelateria nei pressi del Pantheon ho pensato che fosse impossibile ottenerne l’uso, e invece la famiglia è stata molto collaborativa e ci ha svuotato i magazzini per poterne fare l’uso che voleva la produzione.

Queste tre serrande aperte sono dunque diventate un forno, un negozio di alimentari e una macelleria: qui si è girata la scena delle donne in fila per la pasta. Tra i civici 24 e 26, l’insegna della macelleria è quella del film ed è ancora visibile. Girato l'angolo, percorrendo pochi passi, si trova la gelateria Moretti appartenente alla famiglia di Giulio, il fidanzato benestante dell’amata primogenita Marcella. Tutto a portata di mano insomma, grazie al lavoro di tante professionalità – come il location manager – che fanno apparire lontani luoghi in realtà contigui e vicini posti anche parecchio distanti tra loro.

Succede anche che il cinema destini l’ingresso di un vecchio obitorio – quello dell’ex ospedale Forlanini a Monteverde – ad un uso contrario a quello che ha sempre rappresentato e lo trasformi, per magia, da luogo in cui è transitata la morte a spazio in cui fioriscono vita e speranza.

(Monica Sardelli)