CANNES – In concorso a Cannes il nuovo film di Alice Rohrwacher, La Chimera, ambientato negli Anni '80, nel mondo clandestino dei "tombaroli", profanatori di tombe etrusche e rivenditori di oggetti antichi a ricettatori locali. (QUI tutte le location de La chimera). Nel film, come anche nei suoi precedenti, l’elemento della natura riveste un ruolo fondamentale, fino a diventare un vero e proprio personaggio cui la regista dedica un’attenzione particolare, sia nella narrazione che nelle riprese: “Il rapporto con la natura è centrale della mia vita ed è centrale in questo film. Il rapporto con l’invisibile, che conta quanto il visibile”. Un film che rievoca il mito di Orfeo e Euridice per parlare del passato e del presente, dell’aldilà e dell’al di qua, del sopra e del sotto, di cose non fatte per gli occhi degli uomini che devono rimanere inguardate. Del confine tra il sacro e il violabile che viene varcato.
Lo fa attraverso la storia di un giovane archeologo inglese (Josh O'Connor), lo 'straniero' che vive al limite delle mura della città, né fuori né dentro, alla ricerca spirituale della sua amata perduta, eppure coinvolto nel, così miseramente umano, traffico clandestino di reperti archeologici dalla sciagurata banda di tombaroli che lo ha scelto come guida, grazie al suo dono di 'sentire il vuoto':
“Sin da piccola nella nostra regione sentivamo raccontare le storie dei tombaroli - racconta la regista - Ciò che mi impressionava maggiormente non era tanto che facessero cose contro le leggi del giorno, dei vivi, ma che facessero qualcosa contro la legge della notte, la legge dei morti. Questo mi ha sempre turbato. Mi sono domandata come potessero sentire l’autorità di rompere, di rubare, di prendere oggetti carichi di valore storico. Ma accade perché non gli riconoscono il valore, questi uomini si sono staccati dal loro passato. Non sono figli dei loro padri che sono cresciuti vicino a quelle tombe antiche senza mai violarle. Sono figli di sé stessi. Il mondo gli appartiene: possono entrare in luoghi considerati tabù, possono spezzare i vasi, arraffare offerte votive, commercializzarli. Per loro sono solo anticaglie, cose vecchie. Non sono più cose sacre".
Le riprese, partite a inizio 2022, hanno coinvolto diverse zone della Tuscia, a partire da Tarquinia, dove sono stati allestiti molti dei set, interessando, tra le altre location, piazza della Tribuna e la rupe ai piedi di Santa Maria in Castello. Una settimana di riprese anche nella città di Civitavecchia, sulla spiaggia Frasca e a Torre Valdaliga Nord, sotto la centrale, dove la zona industriale è stata scelta per le scene con auto d’epoca. Interessati dal set diversi comuni della provincia di Viterbo, tra cui il piccolo centro di Blera, sorto tra VIII e VII secolo a.C., epoca a cui risalgono le numerose necropoli del circondario che lo rendono famoso.
La chimera è stato girato anche in alcune zone della Toscana meridionale, coinvolgendo in particolare il territorio e il borgo di Montalcino. In Toscana alcuni ciak si sono svolti sull’antica tratta ferroviaria Asciano-Monte Antico, detta anche ferrovia della Val d’Orcia, nelle frazioni di Monte Amiata Scalo e di Torrenieri, dove è stata girata la scena d’apertura del film, con il protagonista Arthur che torna dalla sua banda di amici tombaroli, dopo essere stato arrestato dalla polizia.
Il film è prodotto da Carlo Cresto-Dina per tempesta con Rai Cinema, in coproduzione con Amka Films Productions (Svizzera) e Ad Vitam Production (Francia) in collaborazione con Arte France Cinema. Sul set del film la produzione ha adottato EcoMuvi, il disciplinare europeo di sostenibilità ambientale certificato per la produzione audiovisiva. Come altri disciplinari per la produzione audiovisiva sostenibile, EcoMuvi è un ripensamento del processo produttivo, che fornisce le linee guida per analizzare l’impatto ambientale di una produzione e per ridurlo, non soltanto compensando, ma adottando comportamenti di risparmio, rispetto e uso intelligente delle risorse.
La chimera è qualcosa che ognuno insegue e cerca di raggiungere, senza mai riuscire ad afferrarla. Per i tombaroli è il sogno del guadagno facile, il maledetto bisogno di ricchezza che affligge l’umanità; per Arthur (Josh O'Connor) è la ricerca di un amore ideale che ha perduto. Un animo diverso dagli altri il suo, sensibile, che sta con il gruppo dei maschi ‘che fanno i maschi’, ma che cerca altro. Un uomo che non ha radici e cerca la sua radice. “Per quanto tu ti affanni a sporcarti, a fare il delinquente, resterai quello che sei”, gli rivelerà a un certo punto uno dei personaggi del film. “Ho raccontato con lui un personaggio che rappresenta la nostalgia stessa, sente il vuoto perché è vuoto di un amore, è il personaggio nostalgico per eccellenza. Ma io non mi sento nostalgica – sottolinea la regista – non l’ho pensato come desiderio di tornare indietro, ma di guardare al passato con un rapporto vivo”. Completano il cast Isabella Rossellini, Carol Duarte, Alba Rohrwacher e Vincenzo Nemolato.
La chimera è anche un film sul racconto delle storie, sul credere alle storie. Nella tradizione mitologica spesso si parla di una porta per l’aldilà. Il personaggio interpretato da Isabella Rossellini, la madre di Beniamina, ci crede fortemente, e il suo credere fa sì che la cosa diventi vera e che affascini Arthur spingendolo a cercarla. "Volevo raccontare una realtà mistica, ma farlo in maniera molto umana. Nel film c’è sempre ironia, accettazione del ridicolo, tenerezza verso i personaggi. È stato importante aggiungere comicità nella tragicità. In fondo sono tutti personaggi di una fiaba”.
C’è un piccolo luogo di speranza nel film, che è nella costruzione del mondo che fa il personaggio di Italia (Carol Duarte). Un microcosmo non perfetto, in cui si vive in troppi tutti insieme e i bambini hanno i pidocchi, ma in cui "c’è un’attitudine diversa, tutta femminile, nella ricostruzione, che non è quella semplicemente di appropriarsi delle cose, ma di dare loro una nuova vita".
“Il cinema deve liberare, non ha ganci, deve essere sganciato. In questo momento pieno di catene della narrazione, date anche dalle nuove piattaforme di distribuzione, ho voluto fare un film libero. Per questo ho immaginato una storia così locale, chiamando, però, interpreti internazionali. Sentivo il bisogno dello sguardo dello straniero. L’Italia è per eccellenza la terra degli stranieri in cui si sono stratificati arrivi e partenze. Volevo, poi, fare un omaggio al Grand Tour, alla fascinazione degli uomini del nord Europa per il mediterraneo”.
"La mia chimera?", continua la regista: “La consapevolezza del posto fantastico in cui viviamo, un paradiso che cerchiamo continuamente di trasformare in un luogo terribile. La chimera per me è riuscire a viverlo come il paradiso che è. Su piano lavorativo è, invece, il desiderio di raggiungere, attraverso i miei film, qualcosa che sfugge continuamente. Di indagare cos’è l’umanità, cosa ci unisce nonostante le nostre diversità”.
Per La Chimera, Alice Rohrwacher è tornata a lavorare con le sue storiche collaboratrici: la direttrice della fotografia Hélène Louvart, la montatrice Nelly Quettier, la scenografa Emita Frigato, la costumista Loredana Buscemi e l’organizzatore Giorgio Gasparini. Casting di Chiara Polizzi e Fiona Weir. Sostengono il progetto in Svizzera Swiss Television RSI SSR SRG ed in Francia il fondo Cinéma du Monde del CNC.
Ognuno insegue la sua chimera, senza mai riuscire ad afferrarla. Per alcuni è il sogno del guadagno facile, per altri la ricerca di un amore ideale… Di ritorno in una piccola città sul mar Tirreno, Arthur ritrova la sua sciagurata banda di tombaroli, ladri di corredi etruschi e di meraviglie archeologiche. Arthur ha un dono che mette al servizio della banda: sente il vuoto. Il vuoto della terra nella quale si trovano le vestigia di un mondo passato. Lo stesso vuoto che ha lasciato in lui il ricordo del suo amore perduto, Beniamina. In un viaggio avventuroso tra vivi e morti, tra boschi e città, tra feste e solitudini, si svolgono i destini intrecciati di questi personaggi, tutti alla ricerca della Chimera.
(di Carmen Diotaiuti)