Quella raccontata da Giulio Base è una vicenda universale che può avvenire in qualunque epoca e che, in tempi moderni, si incrocia con storie di immigrazione e integrazione. Giuseppe (Ivano Marescotti) gestisce un bar e una stazione di servizio, un non-luogo, isolato, dove si incontrano diverse umanità, una sorta di zona franca dove i conflitti si affievoliscono o annullano, scelta, curiosamente, al confine tra Puglia e Basilicata.
Bitonto (BA) è il paese-presepe all’interno del quale si muovono i personaggi. Bikira (Virginia Diop), che incontriamo più volte davanti ad una fonte in via Raffaele Abbaticchio, nei pressi di piazza Carmine Sylos, è una moderna samaritana di fronte all’acqua viva. La sua vita si incrocia con quella di Giuseppe, il cui rifugio è invece una casa-grotta all’interno del Parco Naturale Regionale Lama Belice. I due, contro ogni convenzione sociale, si sposano a Palazzo Sylos Calò. L’uomo, di animo buono, è l’archetipo del padre: uno dei suoi figli, Nicola fa il panettiere in piazza Minerva. Quando, disperato e sotto la pioggia, Giuseppe non vuole tornare a casa, si ripara sotto ponte Santa Teresa, dove si stupisce di incontrare l’altro figlio “prodigo” Luigi. I conflitti si sciolgono come se spazzati via dalla pioggia e i due, in una sorta di rinascita, passano la notte l’uno nelle braccia dell’altro.