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La produzione cinematografica in Italia, tra boom di richieste e cambiamenti nella filiera

16-05-2022 Reading time: 5 minutes

Nell’ambito del Riviera International Film Festival, concorso dedicato ai registi internazionali under 35 che si tiene annualmente a Sestri Levante, Benedetto Habib, CEO di Indiana Production e presidente dell’Unione Produttori dell’ANICA, e Stefano Gallini-Durante, presidente e fondatore del RIFF, hanno discusso della situazione della produzione cinematografica in Italia.

Punto di partenza del dibattito è il cambiamento della filiera di produzione dei film e l’assottigliarsi della dicotomia tra quelli che un tempo erano il progetto televisivo e cinematografico: se in passato i due prodotti si distinguevano nelle piattaforme di destinazione, nei linguaggi, nei ruoli, oggi si assiste ad una commistione, per cui sempre più spesso registi abituati al grande schermo si cimentano con i prodotti seriali. Questo processo, iniziato negli Stati Uniti alcuni anni fa, è stato accelerato dalla pandemia ed ha toccato, con un po’ di ritardo, anche l’Italia. È oggi più difficile dunque separare nettamente due prodotti che per potenza, capacità narrativa, coinvolgimento emotivo, sono sempre più simili.

Da un lato, non si può non menzionare la crisi delle sale, divenuta strutturale dopo quella contingente legata alla pandemia: dal dibattito è emersa la necessità di convincere un pubblico che ha radicalmente cambiato le proprie abitudini dell’esperienza unica del consumo in sala, i cui proventi sono importantissimi per i produttori e fonte primaria della loro indipendenza.

Dall’altro lato ci sono le piattaforme, grazie alle quali sono molto cambiate anche le richieste dei prodotti. Gli aspetti da considerare sono tanti. Innanzitutto un’opera commissionata dai grandi operatori dello streaming viene concepita il più delle volte per essere distribuita in centinaia di paesi e questo è di grande stimolo per le produzioni. In secondo luogo la lingua non è più limitante ma caratterizzante: se in passato il biglietto da visita per l’internazionalizzazione erano i film in inglese, oggi c’è una forte richiesta di produzioni in lingua originale, basti pensare al successo internazionale di serie come Gomorra o L’amica geniale, recitate in napoletano. Di conseguenza cambia anche la percezione dei sottotitoli che, al contrario del passato, oggi sono più richiesti, per dare maggiore autenticità alle storie.

È dunque importante per una società di produzione indipendente mantenersi sulle specificità locali e allo stesso tempo pensare a prodotti spendibili a livello internazionale, un processo che da qualche tempo è in atto anche in Italia e lo dimostra il fatto che le migliori società di produzione nazionali sono oggetto di shopping da parte di grossi gruppi internazionali. È evidente dunque la nostra rinnovata capacità di attrarre investimenti, sebbene sia da menzionare anche l’altro lato della medaglia, ovvero la scarsa capacità della produzione italiana di investire a sua volta su scala internazionale.

Altro argomento di discussione è relativo allo sviluppo, fase vitale per una società di produzione che vuole essere competitiva sul mercato. L’Italia ha grande appeal come hub creativo, per la qualità delle maestranze e per la bellezza delle location. Siamo all’inizio di una fase in cui si produce tantissimo grazie all’ingresso in campo di giganti come Amazon, Netflix, Apple, Disney a cui si aggiungeranno presto Google o Facebook. Questa fase, che durerà un po’ di tempo prima di arrivare al consolidamento, apporta i benefici nel ventaglio di scelta dei consumatori, migliora il tasso di occupazione, specie giovanile, mira ad un’industria sempre più green. Tra gli aspetti migliorabili, si evince tuttavia la necessità di formazione nelle professioni del cinema anche fuori dal circuito di Roma, poiché una produzione ritiene meno costoso trovare tecnici e maestranze preparate sul posto in cui va a girare piuttosto che portarli da fuori. Esistono in Italia alcuni contesti positivi come la Puglia o il Piemonte dove esiste già una base locale di professionisti ben formati, altri territori sono più indietro. Questo approccio, assieme alla semplificazione dei meccanismi burocratici, rende un territorio più competitivo soprattutto per le grandi produzioni straniere che devono scegliere dove girare il proprio film.

 (Mo.Sa.)