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Cinquant’anni fa usciva ‘C’eravamo tanto amati’, capolavoro di Scola

20-12-2024 Monica Sardelli Reading time: 7 minutes

Il 21 dicembre 1974 usciva nelle sale italiane C’eravamo tanto amati, il capolavoro di Ettore Scola che racconta l’amicizia di tre ex partigiani – Antonio, Gianni e Nicola – messa a dura prova dalla quotidianità e da una donna, Luciana.

Nel cast i protagonisti Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefano Satta Flores e Stefania Sandrelli sono affiancati da un gruppo di attori altrettanto memorabili come Aldo Fabrizi, Giovanna Ralli, Elena Fabrizi, Isa Barzizza e non mancano alcuni camei come quelli di Federico Fellini, Marcello Mastroianni, Mike Bongiorno e Vittorio De Sica.

La pellicola ricevette numerosi riconoscimenti, tra cui i Nastri d’argento come miglior attore e attrice non protagonista rispettivamente a Aldo Fabrizi e Giovanna Ralli e quello per la migliore sceneggiatura firmata da Age & Scarpelli e lo stesso Ettore Scola. Tra i premi internazionali un César (1977) al miglior film straniero.

‘C’eravamo tanto amati’ a Roma. Trama e location

C’eravamo tanto amati si sviluppa nell’arco di un trentennio tra gli anni Quaranta, quando i tre amici condividono durante la guerra l’esperienza di partigiani, e gli anni Settanta.

Il film si apre dalla fine, ovvero su una panoramica di una lussuosa villa con la facciata in pietra, che si trova nel quartiere residenziale dell’Olgiata, a nord di Roma: è la casa di Gianni (Vittorio Gassman), un tempo socialista, che ha rinnegato i suoi ideali per una vita da borghese agiato. Un lungo flashback riporta i protagonisti al passato. Luogo simbolo della narrazione, filo conduttore di tutta la pellicola, è il “Re della mezza porzione”, dove i protagonisti si incontrano, scontrano, si innamorano e tradiscono: la trattoria esisteva davvero nel 1974 e si trovava in piazza della Consolazione.

Nino Manfredi e Stefania Sandrelli – Galleria Sciarra, Roma
@ Archivio fotografico Cineteca Nazionale

Antonio (Nino Manfredi), bonario portantino dalle idee troppo radicali per fare carriera, lavora all’ospedale San Camillo (in realtà l’Istituto San Michele di piazzale Tosti). Qui conosce Luciana (Stefania Sandrelli) e pur di uscire con lei accetta di accompagnarla ad uno spettacolo teatrale: gli esterni del teatro sono quelli di galleria Sciarra, passaggio pedonale coperto nel centralissimo rione Trevi. Il legame funziona fino all’arrivo di Gianni, che porta via Luciana all’amico: i due, scopertisi innamorati, sembrano felici mentre passeggiando in bici per il quartiere Aventino progettano un futuro insieme.

Nel frattempo, dopo aver perso il posto di insegnante e lasciati moglie e figlio a Nocera Inferiore, anche Nicola (Stefano Satta Flores) si trasferisce a Roma. Qui dove incontra l’amico Antonio e con lui intavola discussioni sul futuro lungo il Tevere all’altezza del Complesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande sul porto di Ripa Grande.

Sulla scalinata di Trinità dei Monti, a piazza di Spagna, Nicola e Luciana fanno conoscenza evidentemente brilli. Ma Luciana non ha dimenticato Gianni, il quale scopre del gesto estremo della donna quando va a ritirare la posta nella sua vecchia casa nei pressi di piazza Caprera, nel quartiere Trieste, la stessa della pensione Friuli dove alloggia Luciana. Antonio incontra nuovamente Luciana, aspirante attrice, che parla con Marcello Mastroianni: in quel momento infatti, Federico Fellini sta girando una delle scene più celebri del suo La Dolce Vita, il bagno di Anita Ekberg nella fontana di Trevi.

Passano gli anni e un nuovo incontro e definitivo chiarimento tra i due avviene in piazza San Giovanni in Laterano, su una panchina ai piedi della statua di San Francesco. Antonio incontra anche Gianni in piazza del Popolo anni dopo la scazzottata a causa di Luciana: il portantino è convinto che l’amico faccia il posteggiatore.

L’epilogo del film: in piazza Sauli, quartiere Garbatella, davanti ad una scuola elementare: i quattro protagonisti si rincontreranno e si scoprirà chi di loro ha realizzato i propri sogni.

Il debito con il Neorealismo e gli omaggi a Fellini e De Sica

Nell’intento originario, C’eravamo tanto amati avrebbe dovuto raccontare la storia di un professore stregato dai Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (1948), un amore viscerale ben ravvisabile all’interno del film, che tuttavia percorre una strada differente, finendo per rievocare, con tanta ironia e un velo di malinconia, un trentennio di storia dell’Italia e degli italiani.

Ma nell’osservare la società del dopoguerra, il boom economico e gli albori della crisi dei primi anni Settanta attraverso un’amicizia nata durante la Resistenza, C’eravamo tanto amati è tuttavia ancora in grado di descrivere in modo ironico e veritiero gli italiani di oggi e le loro contraddizioni, superando i confini del tempo di narrazione e risultando, a 50 anni dall’uscita, ancora attualissimo.

La pellicola è dedicata a De Sica scomparso durante la lavorazione del film. Il regista, assieme al suo capolavoro Ladri di biciclette, viene più volte evocato durante la narrazione attraverso l’ossessione di Nicola per il Neorealismo (è il tema con cui partecipa al quiz “Lascia o raddoppia” con Mike Bongiorno), un espediente che permette a Scola di rendere omaggio alla settima arte e al genere che più di ogni altro ha reso celebre il cinema italiano nel mondo.

Un cameo di Fellini e Mastroianni che con grande ironia interpretano se stessi rievoca la memorabile scena del bagno nella fontana di Trevi de La dolce vita: Fellini viene scambiato per Rossellini (altra citazione presente nel film), mentre Mastroianni cerca di mantenere l’aura del paparazzo piacione delle star degli anni Sessanta nascondendo i segni dell’età attraverso gli occhiali scuri.

Sono diverse altre le citazioni cinematografiche ravvisabili durante il racconto: su tutte ricordiamo i richiami a Michelangelo Antonioni e Antonio Pietrangeli. Del primo viene richiamata la tematica dell’incomunicabilità nel rapporto tra Gianni e l’infelice moglie Elide (Giovanna Ralli), figlia di un palazzinaro (Aldo Fabrizi) sposata per interesse. L’aspirante attrice Luciana ad un certo punto si mantiene facendo la maschera in un cinema, un rimando al personaggio da lei stessa interpretato in Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli, sceneggiato da Scola.

(Monica Sardelli)