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È stata la mano di Dio: Sorrentino e la grande bellezza di Napoli

08-02-2022 Reading time: 5 minutes

E' entrato nella cinquina del Miglior Film Internazionale agli Oscar il capolavoro di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio. Il suo film più intimo e viscerale, di profonda materia emotiva, il cui spunto narrativo giunge da una dolorosa vicenda personale, la morte prematura e accidentale dei suoi genitori durante l’adolescenza. Ma il fatto privato è solo lo spunto per mettere in scena un caleidoscopico, e a tratti felliniano, affresco della Napoli degli Anni ’80, ricca di vivacità umana e culturale, stregata dal mito di Maradona e dal riscatto sociale che ha rappresentato. 

"Sono felicissimo di questa nomination. Per me è già una grande vittoria e un motivo di commozione, perché è un riconoscimento prestigioso ai temi del film, che sono le cose in cui credo: l'ironia, la libertà, la tolleranza, il dolore, la spensieratezza, la volontà, il futuro, Napoli e mia madre", ha commentato Paolo Sorrentino che nel 2014 l’Oscar lo ha vinto con La grande bellezza. "Per arrivare fin qui, c'è stato bisogno di un enorme lavoro di squadra. Dunque, devo ringraziare Netflix, Fremantle, The Apartment, gli attori straordinari e una troupe indimenticabile. E poi i miei figli e mia moglie, che mi amano nel più bello dei modi: senza mai prendermi sul serio".

Arrivato con grande attesa nei cinema lo scorso novembre, nelle 250 copie decise da Netflix (nonostante le richieste degli esercenti per averlo subito in cartellone fossero circa 400), per essere porgrammato subito dopo, dal 15 dicembre, sulla piattaforma Netflix, diventata in pochi anni anche uno dei maggiori produttori cinematografici, che ne ha finanziato completamente la produzione senza ricorrere al tax credit o ad altri contributi statali. "Siamo passati dal boicottaggio degli esercenti, qualche stagione fa, di un film Netflix, come Roma di Cuaron o The Irishman di Scorsese, per arrivare alla richiesta di avere più copie", ha dichiarato Andrea Occhipinti che con Lucky Red ha distribuito il film in sala, sottolineando come siano in poco tempo completamente cambiati i meccanismi dell'esercizio cinematografico.

Il film, che è stato anche candidato agli EFA e ai Bafta dopo aver vinto il Gran Premio della Giuria a Venezia, è un’intensa dichiarazione d’amore del regista alla sua Napoli, dall’animo malinconico e dal fascino contradditorio e spiazzante, capace di far ridere e piangere al tempo stesso. Sin dalle prime immagini che mostrano la baia della città, osservata in notturna dal mare in un lungo volo a pelo d'acqua, come in un quadro silenzioso e mozzafiato. Per proseguire con istantanee da cartolina dalla bellezza tanto ostentata quanto autentica: il bagno di gruppo della colorata famigliona allargata del protagonista in Costiera sorrentina, nell'area marina protetta di Punta Campanella; la corsa del motoscafo dei contrabbandieri che scappano dalla guardia costiera a Massa Lubrense; lo sbarco via mare in Costiera amalfitana, sulla spiaggia e il porto di Cetara; la gita ad Agerola, con le grottesche ed esagerate prese in giro familiari e le mangiate luculliane;  il romantico attraversamento in vespa del lungomare di Castel dell'Ovo del giovane Fabietto (Filippo Scotti), alter ego del regista, che porta in sella i suoi genitori, un padre un po' cialtrone (Toni Servillo) e la madre dall'animo giocoso (Teresa Saponangelo), in una corsa notturna verso casa della provocatoria e conturbante zia (Luisa Ranieri) che ha litigato per l’ennesima volta con il marito. Così come anche Capri, con la sua piazzetta maestosamente silenziosa in una notte vuota dai turisti, e Stromboli, meta abituale delle vacanze di Sorrentino adolescente.

Tra le altre location napoletane, sfilano sullo schermo tutti i luoghi più iconici del capoluogo campano: oltre al lungomare, Piazza Plebiscito, la Galleria Umberto I, dove scatta per il protagonista il colpo di fulmine per il cinema, lo Stadio San Paolo (ora dedicato a Maradona) ricostruito in post produzione per com'era negli Anni '80, la casa al Vomero, via Chiaia, il Cimitero di Poggioreale. Mille colori di una città, Napoli, che il regista premio Oscar onora anche sulla sigla finale, Napule è, sulle immagini del protagonista che va incontro al suo futuro. Chiudendo, in questo modo, il film con un omaggio a due simboli dell'arte partenopea: da una parte un musicista rivoluzionario, Pino Daniele, dall'altro un grande interprete e regista, Massimo Troisi, che Sorrentino ha riconosciuto come nume tutelare della sua ultima opera, su cui aleggia, più di tutto, il meraviglioso film del 1987 Le vie del Signore sono finite.  

Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de' criature
Che saglie chianu chianu
E tu sai ca' non si sulo

Napule è nu sole amaro
Napule è ardore e' mare
Napule è na' carta sporca
E nisciuno se ne importa
E ognuno aspetta a' sciorta

 

 

(Carmen Diotaiuti)